Scena d’amore nella stazione di X

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Stazione di X. E’ l’ora di punta. Le luminarie natalizie sfrigolano ovunque, tutti salterellano di qua e di là.

Tranne un uomo.

Arriva a passo lento. Si siede vicino a me. (Deve avere una quarantina d’anni. Ha il pizzetto e un vestito elegante.)

A un certo punto sospira ed estrae il cellulare.

“Ciao amore…”

Sussurra. Eppure il sibilo delle sue parole è così stonato nel trambusto che ci circonda, che è impossibile non sentirlo.

“Mi manchi già, lo sai?”

Sospira. Dice altre frasi tubanti, in punta di voce.

“Sei la mia stellina, lo sai?”

Ma, mentre parla, ha tre quarti di indice infilati nel naso. Ravana con tanta intensità che quasi si alza dalla panca, inseguendo col corpo il dito che sale sempre di più nella narice.

“Non vedo l’ora che sia mercoledì, lo sai?”

E mentre lo dice sfila il dito. Lo guarda con attenzione. Poi inizia a sparare in giro quello che ha raccolto. Infine riaffonda.

“Ti amo…”, sospira.

E mette giù.

Si guarda un’ultima volta il dito.

Lo pulisce strofinando il polpastrello sul bracciolo di metallo.

E apre un pacchetto di fonzies.

Intorno a noi tutti salterellano. E’ l’ora di punta e le luminarie natalizie sfrigolano sulle pareti.

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