La corriera mi lascia nella città di X intorno alle sette e mezza del mattino. Sono stravolto di sonno, così entro in un parco vicino alla stazione e raggiungo una panchina. Ammucchio felpa e magliette nella federa del cuscino, poi ci appoggio la testa. Mi lego lo zaino al polso e mi addormento, sentendo solo a tratti la bocca che si spalanca nel vuoto, riportandomi al dormiveglia.
All’improvviso, una voce:
– Signore!
Apro gli occhi confusi. Intravedo un bambino grassottello, con la riga da parte e gli occhialoni. Mi sta davanti ritto come un corazziere. E incalza:
– Signore!
Balbetto:
-Che c’è?
-Non puoi dormire qui.
-Ma io…
-Sei italiano?
-Sono di…
-Che ci fai qui?
-Aspetto un treno per…
-Perché non lo aspetti alla stazione?
-Eh perché…
-Un lavoro lo tieni?
Di colpo mi arriva un’immagine istintiva, ma chiarissima: da qualche parte lì intorno c’è un gruppo di adulti che ci sta fissando, come delle sentinelle che controllano il territorio. Hanno mandato avanti il bambino per vedere se sono un intruso che possono espellere con poco. Ma sono pronti a fare la seconda mossa personalmente, se vedono che non colgo il messaggio. Così mi irrigidisco, come chi si trova, senza volerlo, a dover difendere un principio.
-Perché non posso dormire qui? – chiedo.
-Perché non si può.
-Perché non si può?
-Perché se no chiamo le guardie.
Poi viene al punto:
-Sei marocchino?
-No, sono italiano.
-Giuralo, che non sei marocchino.
-Giuro.
Non ci crede. Mi smiccia sospettoso, poi tenta l’effetto sorpresa:
-Se-sei-italiano-in-che-città-abiti?!
-Novara.
Esulta. Ha vinto lui:
-Io sono italiano, e Novara non l’ho mai sentita!
Mi metto a sedere.
-E’ vicino a Milano, ma piemontese. Intorno ci sono tutti dei campi allagati, pieni di riso. Hai presente il gorgonzola?
Annuisce.
-Ecco: lo facciamo a Novara. Mio nonno di mestiere faceva il gorgonzola.
Di colpo cambia espressione. Probabilmente sta pensando che se fosse una balla, l’avrei inventata troppo precisa e in troppo poco tempo.
– Mi posso sedere accanto a voi?
Si siede. Ora parla abbassando il tono di voce.
-E in questa città, lo tenete il mare?
-No, non ce l’abbiamo, è una città di…
-E quando volete fare il bagno, come fate?
-Be’, andiamo in piscina, oppure…
-Quanto costa la piscina?
Non me lo ricordo. Dico una cifra indicativa:
-Sei euro.
Ci ragiona, fa dei conti rapidi nella mente. Poi conclude:
-E’ bbùona. E’ bbùona.
Inizia a fissare il mio zaino e il cordino con cui me l’ero legato al polso.
-Cosa ci tenete lì dentro?
-Quello che mi serve. Lo spazzolino da denti, dei vestiti di ricambio, qualcosa da mangiare…
Prova a sollevarlo e non ci riesce, allora scoppia a ridere fino alle convulsioni.
-Ah ah ah ah! Ma qua ci sta dentro una rulotta!!!
Poi, di colpo, si rabbuia. Mi guarda con compassione.
-Dei genitori li tenete?
-Sì, sono a Novara, sono…
-Vostro padre le fuma, le sigarette?
-Prima, ora…
-E una fidanzata? Una fidanzata la tenete?
-No. Tu la tieni?
Mi sorride. Abbassa la voce ancora di più:
-Da ieri sera!
-Ah, bravo! E come si chiama?
-Giulia!
-E passeggiate insieme?
-No. Io sto fidanzato con lei, ma lei sta fidanzata con un altro…
-E l’altro con chi sta fidanzato?
Incassa la testa nelle spalle, sospira:
-Con lei…
Ritorna a fissare il mio zaino. Lo tasta. Apre e chiude ogni cerniera. Poi si ferma sulla tasca esterna:
-Qui dentro cosa ci ritirate?
Mentre lo chiede ha già aperto la cerniera, affondato le mani ed estratto un libro e il taccuino.
-Ah, vi fate delle bùone leggiùte! – dice guardando i libro. Poi si blocca sul taccuino. Lo soppesa, passandolo da una mano all’altra, toglie l’elastico e fa scorrere le pagine.
-E questo che è?
-Un diario.
Mi guarda offeso: allora lo stavo prendendo in giro dall’inizio.
-Un diario!?
-Sì…
-Alla vostra età, tenete ancora i compiti da scrivere?!
-No, non ci scrivo i compiti. Ci scrivo i pensieri, quello che vedo. Stai sicuro che ci scrivo anche di te.
Avvampa, si porta una mano sul volto.
-E cosa avete scritto di me?!
-Ancora niente, ma poi quando…
-Quanto l’avete pagato?
Non mi ricordo. Dico una cifra approssimativa:
-Sei euro.
Scuote la testa e fa schioccare le mani al cielo.
-Ma voi siete pazzo! Io con sei euro me ne compro dieci, di quaderni di scuola! Però… – pondera qualcosa, poi prosegue ammiccante: – mi piacerebbe avercelo pure a me…
Gli chiedo se gioca a calcio, che squadra tifa, ma lui taglia corto:
-Cosa dite? Me lo potete regalare, questo vostro diario?
-No, non posso… Oramai ci ho scritto i miei pensieri…
-E voi non li conoscete già, i vostri pensieri?
-Eh ma poi non me li ricordo… Però, aspetta. Ho una cosa più bella da regalarti…
Apro lo zaino e tiro fuori parte di quello che c’è dentro. Ad ogni oggetto che accumulo sulla panchina, lui chiede:
-E’ questo, quello che mi regalate?
-No, questo è il sacchetto delle mutande sporche…
-E’ questo, quello che mi regalate?
-No, questi sono i miei occhiali per leggere…
-E’ questo, quello che mi regalate?
-No, questo è il filo interdentale…
Finalmente lo trovo. Glielo porgo. Lui si illumina, quasi balza in piedi sulla panchina.
-Siete così generoso che mi regalate un diamante?!
-E’ un cristallo, ma di gesso. Hai presente quelli per scrivere alla lavagna? Così è come sono in fondo alle grotte.
-E vale un miliardo?!
-No…
-Un milione?!
-No… Però, se tu lo tratti bene, ti porta fortuna. Mi raccomando!
Ci soffia sopra. Lo bagna di saliva e lo strofina contro la maglietta. Poi lo piazza tra il suo occhio destro e il cielo, ci sbircia attraverso. Non è convinto. Così riporta lo sguardo al taccuino.
-Se volete tenervelo voi, questo diamante del gesso, io preferirei che mi regalate il vostro diario…
-Questo proprio non posso. Ormai è mio. Devi fartene uno coi tuoi, di pensieri.
Sporge il labbro inferiore e alza le spalle. Non è d’accordo col principio, ma lo accetta. Gli chiedo come si chiama.
-Luca. E voi?
-Elia.
Si alza e mi porge la mano.
-Piacere.
-Piacere mio.
-Ora dovete perdonarmi, perché tengo un impegno.
-D’accordo. Che impegno tieni?
-Debbo giocare a calcio.
-Bravo. In che ruolo giochi?
-Nel ruolo da solo, quello contro il muro.
-Allora buon…
Ma è già schizzato via, sciabattando sulla ghiaia del parco. Poco prima di scomparire tra gli alberi mi chiama:
-SIGNOREEE!!!
Si sbraccia e mi fa segni che non capisco.
-DIMMI!
– QUESTO DIAMANTE DEL GESSO, LO DEVO TENERE A BAGNOOO?
-NO, LO PUOI METTERE IN TASCA, O SUL COMODINO!
Prima di scomparire del tutto, lo intravedo che scrolla le spalle. Si capisce che sta pensando che era meglio il taccuino.